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PROLOGO
"SBANG" fece la porta sbattendo contro lo stipite, spinta di gran forza da braccia rabbiose, il rumore echeggiò per tutta la villa addormentata nel caldo e afoso pomeriggio di ottobre, sembrava ancora estate in realtà.
"Ma che diamine..." Albert si alzò dal divano, ormai diventato suo piccolo rifugio, soprattutto da quando aveva distrutto il cucù irritante (N.d.a.: vedi "Tutti in fila!").
"Aria di tempesta" disse Jet mentre muoveva la piccola torre sulla scacchiera.
"Humm... scacco matto!" disse con calma Punma.
"Senti, con te non gioco più... giuro!"
"Non è colpa mia, dovresti farti insegnare da Albert.. lui sì che è forte a scacchi!".
In quel momento Françoise entrò nella grande sala senza guardarli, rispose con un freddo "Sera" ai loro saluti e si diresse verso il frigorifero, prese un bottiglia di the freddo e ne versò un po' in un bicchiere che tremolava stretto nella sua mano, sorseggiò guardando fuori dalla finestra, assolutamente estranea al resto del gruppo, assorta nei suoi pensieri, ma visibilmente nervosa.
Guardò un'auto sfrecciare dal cortile oltre la collina, poi posò il bicchiere e fece per uscire.
"Françoise... tutto bene?" chiese Albert.
"Tutto bene!" rispose lei uscendo.
"Hummm.. che sguardo che aveva... la coppietta felice avrà mica litigato?" ironizzò Albert.
"Ti ricordo che ci sente!" lo bloccò Jet.
"Ah già... va beh non si può mai dir nulla, esco a fare due passi!"
"Bravo... libera il divano..." disse Jet sedendosi al posto di Albert mentre lui si era ormai alzato e diretto oltre la porta. Una volta sceso in cortile, fece una passeggiata nel bosco oltre la villa, quando ormai il sole stava calando e l'umidità sulla pelle si scontrava con l'arietta fresca serale provocando qualche brivido, tornò indietro. Prima di rincasare guardò il garage e si accorse che mancava solo l'auto di Joe, poi guardò la finestra di Françoise aperta, la tendina usciva a tratti spinta dalla corrente, si girò vedendo che arrivava Bretagna in bici e gli andò incontro.
"Ehi, amico, dove sei stato di bello?" gli chiese.
"Ho fatto un giro in bici su per la collina, e tu?"
"Ho dormito sul divano!"
"Fantastico, attività costruttiva e dinamica, come sempre!"
"Risparmio le energie per momenti migliori!"
"Che lo fai a fare tanto nessuna ti si fila" scherzò ancora Bretagna.
"Ah.. le donne... chissà che stasera non se ne sia liberata una..." sospirò Albert indicando con gli occhi la finestra di Françoise.
"Che vuoi dire?"
"Credo che abbiano litigato, lei era parecchio nervosa poco fa e lui dovrebbe essere uscito".
"Accidenti..." mugugnò Bretagna, aveva l'espressione di chi sa, sicuramente stava pensando a qualcosa e questo non sfuggì allo sguardo attento di Albert.
"Che c'è? Sai qualcosa che non so?"
"Humm... andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia?"
"Ok... andiamo"
Allungarono un po' il passo cercando di allontanarsi il più possibile dalla villa e dall'udito di Françoise, quando pensarono di essere abbastanza lontani Bretagna cominciò a raccontare.
"Stamattina lei mi ha chiesto di accompagnarla in città, doveva fare alcune spese, era strana, ma lì per lì non ho indagato..."
"Strana?"
"Si, nervosa, agitata, non aveva realmente bisogno di fare spese, l'ho capito solo dopo che era una scusa"
"Perché?"
"Aspetta...andiamo per ordine... allora, abbiamo girato qualche negozio, poi ad un certo punto ho visto... ho visto Joe..."
"Che vuoi dire?"
"Sì.. beh... Era appoggiato ad un angolo della strada, non guardava verso di noi.. poi ho visto arrivare incontro a lui una ragazza, Françoise guardava le vetrine, ho cercato di distrarla, quella ragazza intanto ha baciato Joe, ma non era propriamente un bacio da amici, capisci che voglio dire?" Albert annuì attonito e Bretagna continuò a raccontare "Si sono abbracciati e poi sono andati via insieme, mano nella mano. Pensavo di essere riuscito a distrarla abbastanza, ma in macchina mi è venuto il dubbio che non fosse così perché aveva gli occhi lucidi e non diceva niente, rispondeva alle mie battute con sospiri o brevi mugugni, però nel dubbio non ho approfondito, penso che lei sospettasse già qualcosa, per questo dico che la spesa era una scusa."
"Accidenti, ma che combina quel demente!"
"Ah... non ne ho idea, non me lo sarei mai aspettato da lui!"
"Quando rientra mi sente!"
"No, aspetta, lui non sa che l'abbiamo visto..."
"Se hanno litigato, come penso, sicuramente lo sa!"
"Non ne abbiamo la certezza e comunque sono affari loro, non mi sembra il caso di metterci in mezzo!"
"Eh.. no.. lui non può far del male a Françoise e io rimanere a guardare..."
"Albert... dammi retta, lasciamoli in pace...per ora!"
Albert strinse i pugni poi ragionò "ok... " disse.
La macchina di Joe intanto rientrò in cortile, scendendo dall'auto lui guardò la finestra di Françoise, sapeva che l'aveva sentito tornare, sapeva che non si sarebbe mai affacciata a salutarlo come le altre volte, sapeva che era lì dentro e che stava soffrendo, ma non poteva farci nulla, abbassò gli occhi ed entrò nella villa.
"Ciao Joe, dove sei stato di bello?"
Jet lo sorprese sulle scale mentre tentava di entrare nella sua stanza senza farsi vedere, l'ultima
cosa che voleva era parlare.
"Ciao, sono andato in città a fare un giro, vado a farmi una doccia prima di cena".
"Ok... non volevo disturbarti!"
"Non mi hai disturbato, sono solo un po' stanco..."
In quel momento Françoise scese le scale, il suo sguardo assente colpì i due, i suoi passi erano lenti, ma costanti, quasi meccanici, superò Joe senza una minima esitazione nei suoi gesti, non li guardò entrambi, semplicemente svoltò in direzione della sala e scomparve oltre la porta, come fosse un fantasma, come se non avesse consistenza, i suoi passi sembravano fermarsi a mezz'aria.
Jet rimase immobile, gli pareva quasi passata un'ora nel frattempo e invece solo una manciata di secondi. Anche Joe rimase a lungo a guardare la porta della sala, come se sperasse di vederla tornare indietro sorridente, come se sperasse che avesse per qualche oscuro motivo dimenticato tutto quello che era successo tra loro in quella maledetta giornata, ma così non era, non poteva essere, Jet interruppe le sue illusioni.
"Cosa diamine è successo? Perché lei sta così?"
"Jet non intrometterti, per favore!" risalì in fretta le scale, entrò nella sua stanza e si lasciò cadere sul letto, una lacrima scivolò sulla guancia e bagnò il cuscino.
"Questa volta l'ho fatta grossa... questa volta... ma come diamine ho fatto?!" pensò fra sé, mentre la luna compariva all'orizzonte, fuori dalla sua finestra poteva vederla, pensò che era candida e bellissima, come la sua Françoise.... "Mia... non sarà mai più MIA" con un gesto rabbioso chiuse di forza la finestra e scivolò nella doccia.
A cena erano tutti seduti alla tavola. Bretagna con il suo classico umorismo inglese riusciva a far ridere solo Chang. Punma, Geronimo e Albert discutevano su una prossima vacanza in qualche bel posto di montagna. Jet e Joe mangiavano distrattamente, entrambi sbirciando a tratti il viso di Françoise che da parte sua sembrava essere da tutt'altra parte, assente, così silenziosa che non se ne udiva nemmeno il respiro, sembrava che nessuna emozione toccasse il suo sguardo, ma non era così, era solo concentrata su se stessa, concentrata a non far vedere quanto dentro fosse disperata. Gilmour li osservava tutti, con la sua solita aria paterna, compiaciuto dai discorsi dei tre scalatori, divertito dalle facce di Bretagna e le risate di Chang, ma preoccupato, infinitamente preoccupato per quello che leggeva negli sguardi di Joe, Jet e soprattutto di lei.
Era successo qualcosa, ma non poteva capire cosa. Ivan intanto nella culla cominciò a piangere.
Sempre con mosse meccaniche, istintive, Françoise si alzò dalla sedia, lo prese tra le braccia e uscì per andare a cambiarlo. Fu allora che Joe si accorse che lei non aveva toccato cibo, aveva passato tutto il tempo a rigirare le pietanze nel piatto, cambiandone le posizioni e avvicinando alla bocca solo poche briciole.
"Non ha mangiato nulla" gli sussurrò Jet nell'orecchio.
"Lo vedo benissimo da solo" rispose con tono irritato lui.
"Ma che ti prende? Non puoi fregartene così!"
"Beh, pensaci tu se vuoi!" si alzò di scatto dalla sedia mentre diceva queste parole, tutti si voltarono a guardarlo in silenzio, posò il tovagliolo e disse "Scusatemi sono stanco, vado a dormire!" quindi scappò nella sua stanza prima che qualcun altro potesse fermarlo.
Nella sala rimasero in silenzio guardandosi l'un l'altro per qualche secondo poi Gilmour chiese a Jet "Che cosa succede?"
"Non ne ho idea, mi dispiace".
Albert e Bretagna incrociarono i loro sguardi, ma prima che potessero aggiungere qualcosa Françoise rientrò nella stanza, li guardò, poi si rivolse a Gilmour: "Dottore, devo parlarle."
"Certo Françoise, andiamo nel mio studio" l'accompagnò oltre la porta, quando furono ormai abbastanza lontani Jet disse: "Io non capisco..."
"Meglio non intrometterci Jet!" lo interruppe Geronimo sparecchiando "Si dice...tra moglie e marito non mettere il dito".
Jet brontolò qualcosa, poi Albert gli fece una specie di occhiolino, si intesero e uscirono nel cortile a fare due passi insieme, quindi raccontò all'amico tutto quello che sapeva grazie a Bretagna.
"Non posso crederci!"
"Nemmeno io!"
"Non si può essere così stupidi, non si può... ma che diavolo ha nella testa!?"
"Che cosa possiamo fare? Aspettiamo?..."
"Si ma dopo che ho aspettato, comunque vada, lo pisto di botte".
"E io ti do una mano!" finì Albert.
Intanto, nello studio del dottore, Françoise seduta al suo fianco raccontava la sua versione.
"Sapevo che doveva incontrarsi con una vecchia amica, lo sapevo, ma non ce l'ho fatta a stare buona ad aspettare, io... ho sentito una strana rabbia in corpo e non ce l'ho fatta..."
"Si chiama gelosia Françoise, è normale, non devi sentirti in colpa".
"Ho chiesto a Bretagna di accompagnarmi in città per delle compere e li ho visti".
"Li hai visti e allora?"
"Erano abbracciati, si sono baciati, erano molto più intimi di semplici amici."
"Françoise... può darsi che tu abbia frainteso i loro gesti..."
"C'era poco da fraintendere mi creda... e poi..."
"Poi...?"
"Poi ho tentato di mantenermi calma... ho cercato di pensare che la gelosia avesse offuscato le mie percezioni e ho aspettato che tornasse per parlarne con lui... ma... prima si è arrabbiato, mi ha detto che non dovevo seguirlo... poi ha ammesso di frequentare quella ragazza da qualche giorno non solo da amica, mi ha detto che anche se stiamo insieme non c'è nulla di definitivo, che... non sa cosa prova realmente per me, ancora non lo sa...." Françoise scoppiò a piangere.
"Era solo nervoso..." Gilmour tentò invano di calmarla, ma lei si alzò "Mi scusi, ora voglio andare in camera mia, si ricordi quello che mi ha detto Ivan prima, quando lo cambiavo.".
"Ah! Si certo, ora chiamo il mio amico Karl, evidentemente ha bisogno di aiuto se Ivan è così preoccupato, va pure e rilassati, ti farò sapere!"
Quando fu nella sua camera Françoise ricominciò a piangere, ma così silenziosa che nessuno poteva sentirla, piano piano riuscì a prender sonno, la notte era ormai calata.
Dopo qualche ora Joe scese in cucina, era notte fonda, bevve un sorso d'acqua, ma non si accorse che non era solo, c'era anche Jet.
"Pensavo fossimo amici... certo pensavo anche che Françoise fosse il tuo unico grande amore, ma non so perché... tu riesci sempre a stupirmi!"
"Al diavolo, ma che ne sai tu?"
"Abbastanza... ma avrei preferito che fossi stato tu a dirmelo!"
"Chi te l'ha detto?"
"Lo sanno tutti ormai... Françoise non era sola!"
"Maledizione" ringhiò sbattendo il bicchiere sul lavello, Françoise si svegliò nella sua stanza.
"Ma perché? Tu la ami, perché le hai fatto questo, e perché non fai qualcosa per rimediare?"
"La amo? Lo dite voi che la amo, forse non è veramente così" dicendo questo scappò nella sua stanza.
Jet rimase immobile, non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Non poteva essere vero "E' impazzito" pensò.
Françoise si strinse al cuscino, stavolta il dolore che sentiva le pareva così forte che pensò le sarebbe presto scoppiato il cuore, come se dopo tante piccole pugnalate, finalmente avessero centrato il bersaglio con una violenza inaudita, non riusciva a smettere di piangere, a tratti gli spasmi erano così forti che le sembrava di non poter più respirare.
Joe era steso sul letto completamente al buio, sapeva di aver esagerato, poteva solo sperare che Françoise non avesse sentito.
Anche Gilmour sentì tutto, ancora sveglio nel suo studio per mettere insieme le informazioni ricevute dal dottor Karl su consiglio di Ivan. In quel momento prese la sua decisione su chi avrebbe mandato in quella nuova missione, si girò verso il piccolo sveglio nella culla vicino a lui e gli disse: "Chiama Albert, Jet e Françoise, falli venire qui immediatamente".
Ivan obbedì e telepaticamente li avvertì, poco dopo i tre entrarono nello studio.
Françoise aveva gli occhi visibilmente arrossati, non era difficile immaginarla piangente nel suo letto. Albert non sapeva ancora bene se fosse realmente sveglio o in una specie di sogno, Jet invece non aveva ancora chiuso occhio in quella lunga notte.
"Scusatemi ragazzi se vi ho svegliato così di soprassalto, ma ho appena ricevuto una richiesta d'aiuto da un caro amico e quindi ho bisogno di voi tre".
"Solo noi, dottore?" chiese Albert stroppicciandosi gli occhi.
"Si, solo voi, non è una missione particolarmente difficile, ma molto delicata, ho bisogno delle vostre doti per potarla a termine. Vi spiego: Il dottor Karl, mio carissimo amico dai tempi dell'università, ha un laboratorio nell'isola di Pang, 150km circa in linea d'aria da qui, da poco in quell'isola è terminata una lunga e sanguinosa guerra civile, ora devono bonificare il territorio e hanno scoperto che vi sono moltissime mine disseminate un po' ovunque, troppi bambini stanno morendo e mi ha chiesto se posso mandare qualcuno ad aiutarli per renderle inoffensive. Per questo ho pensato a voi. Françoise le troverà facilmente e indicherà a voi due come disinnescarle, se poi non fosse possibile disinnescarle tutte, Albert toccherà a te farle saltare una per una."
"Capisco dottore, quando partiamo?" chiese Jet.
"Subito, domani Karl vi aspetta nell'isola, prima finiremo e prima i bambini potranno tornare a vivere felici la loro infanzia!".
"Vado a prepararmi!" disse Françoise sollevata di andar via qualche giorno dalla base.
"Vado anche io" disse Albert.
"Io preparo il Dolphin.."
"No Jet, andrete in macchina fino al porto di Kaji e lì verranno a prendervi con un motoscafo, partirete senza farvi sentire".
Jet comprese che quel "Senza farvi sentire" era riferito a Joe... "bene allora vado a preparare l'auto".
Un'ora dopo i tre erano pronti alla partenza "Buon lavoro, ragazzi miei!" disse Gilmour salutandoli.
"A presto! " risposero quasi in coro, poi partirono per la missione.
CAPITOLO 1
"Ma è possibile che debba ancora fare così caldo? Siamo ad ottobre.... che diamine! E' pure notte!" sbottò Albert cercando di stendere il più possibile le gambe nel sedile di dietro.
"E' quasi l'alba ormai! Françoise, guarda l'aurora, è bellissima!" disse Jet.
Françoise trasalì, poi guardò nella direzione indicata dall'amico e vide il cielo immerso nei colori dell'alba, l'ultima stella visibile, Sirio, cominciava ad essere sempre meno lucente, ma i colori creavano effetti di luce in contrasto che erano una meraviglia ai loro occhi, il porto ormai era vicino, lei sorrise, poi disse:
"Albert... con queste zampe, mi stai distruggendo la schiena!"
"Oh... scusami principessa..." scherzò lui spostandosi.
"Siamo arrivati ragazzi, tra 10 minuti saremo al porto, perfettamente in orario, speriamo che siano altrettanto puntuali i nostri traghettatori". disse Jet.
"Sono già lì" disse sicura lei.
"Ci levi sempre il gusto della sorpresa!" ironizzò Albert dandole un buffetto sulla guancia.
Lei sorrise dolcemente, era serena.
Parcheggiarono poco distante dalla banchina d'attracco, Albert scese e andò incontro al motoscafo con a bordo due persone, mentre Françoise prendeva le valigie aiutata da Jet.
"Salve! Siete voi i cyborg che attende il dottor Karl?" i due tizi non brillavano certo di gentilezza e cordialità.
"Siamo noi!" rispose Albert.
Quando furono tutti sul motoscafo uno dei due accese il motore e virò verso l'isola di Pang.
In una mezz'ora arrivarono alla banchina isolana. Françoise vide davanti a se un'imponente villa.
"Questa è la nostra base scientifica" disse lo scafista.
I tre furono accompagnati all'interno, nell'atrio il Dottor Karl li accolse calorosamente.
"Benvenuti ragazzi, finalmente ci conosciamo, immagino che sarete stanchi".
"Abbastanza, ma non troppo!" rispose Jet.
"Bene, la colazione è quasi pronta ormai, andate a rinfrescarvi nelle vostre stanze, Kaori vi accompagnerà!"
Kaori si presentò a loro, era una bellissima ragazza sulla ventina, mora, alta, magra, occhi verdissimi e labbra carnose, assomigliava nei tratti a uno degli scafisti e lo sguardo ricordava anche molto quello del Dottor Karl.
Jet e Albert rimasero a bocca aperta vedendola, Françoise sorrise e pensò fra se che era un bene non ci fosse Joe, sicuramente se ne sarebbe innamorato anche lui, poi cacciò via quel pensiero dalla testa, non era più una sua preoccupazione... non doveva esserlo più.
"Prego accomodatevi, queste sono le vostre stanze, scegliete voi come disporvi" i due ragazzi lasciarono decidere prima a Françoise visto che per loro era irrilevante, lei scelse una stanza piuttosto ampia con un balcone che dava sul mare e sul cortile esterno.
Quando ormai fu sola nella stanza sentì bussare alla sua porta, aprì, di fronte a lei c'era Kaori parecchio imbarazzata.
"Françoise... posso chiamarti Françoise?"
"Certo Kaori!" le sorrise.
"Grazie! Scusami, ma non ho amiche, qui di ragazze ci sono solo io, spesso soffro la solitudine, sono felice che starai con noi per un po'."
Françoise fu colpita da quelle parole "Ne sono felice anche io! Vieni pure quando vuoi!"
"Grazie, ora devo lasciarti, ci vediamo tra mezz'ora per la colazione".
Françoise salutò con un breve inchino e chiuse la porta.
"Mezz'ora... accidenti, ho solo il tempo di una doccia" pensò correndo in fretta a lavarsi.
Poco più tardi sentì bussare alla sua porta.
"Françoise ci sei?"
"Si, Jet scendo subito.. anzi no, aspetta..." aprì "Sono pronta!".
Scesero insieme le scale, Albert era già seduto a tavola impegnato a spalmare il burro su una fetta di pane tostato "Ah... siete arrivati, finalmente!" disse vedendoli arrivare.
"Prego, accomodatevi!" disse Karl indicando le due sedie vuote accanto a lui.
Alla tavola oltre loro c'erano Kaori, i due scafisti che li avevano accompagnati lì dal porto e una signora pressappoco della stessa età del dottore.
"Avete già conosciuto Kim e Takeshi" disse indicando i due scafisti "lei è mia moglie Yohami, Takeshi e Kaori sono i nostri figli!".
Ci fu un gran numero di inchini, secondo la buona tradizione giapponese, successivamente cominciarono a mangiare.
"Dottor Karl, quest'isola non è molto grande, vero?" chiese Françoise interrompendo il silenzio nella sala.
"No, mia cara, è una piccola isola stato, ma alquanto fertile e per questo molto abitata. 15 anni fa da Kaji sono salpate molte navi cariche di coloni che venivano qui a coltivare la terra. A lungo andare, come in molti altri paesi del mondo, i nativi si son visti espropriare le terre e sono nate delle fazioni violente che poi sono scoppiate nella guerra che per 10 lunghi anni ha devastato questa bellissima isola. Da appena un anno siamo riusciti a sedarla, ormai è solo un ricordo, ma quelle maledette mine... ogni volta che un bambino rimane vittima di una di quelle diavolerie temo che possa riscoppiare l'odio... capite? Tanti anni di sacrifici e poi basta una mina, un povero bambino innocente che muore o che nella migliore delle ipotesi viene mutilato e tutto ricomincia... non posso permetterlo!".
Le parole di Karl erano animate da un forte spirito di amore per quella terra, eppure era egli stesso un colono, di origine tedesca per giunta, che per amore s'era trasferito in Giappone.
"Amo quest'isola come fosse mia... non voglio vederla distrutta dalla stupidità umana!"
Françoise osservò le reazioni degli altri partecipanti alla tavola. Kaori e sua madre erano letteralmente prese dalle parole di Karl, avevano sguardi pieni di ammirazione per lui.
Kim aveva un'aria neutrale a tutta la vicenda, Takeshi invece sembrava visibilmente annoiato, ogni tanto sbadigliava di nascosto coperto dal tovagliolo, oppure ridacchiava fra sé, questo innervosiva abbastanza il padre.
Albert e Jet invece erano molto attenti a recepire informazioni importanti al fine della missione.
"Ora, ragazzi, se volete seguirmi nel mio studio, voglio farvi vedere le mappe dell'isola e spiegarvi bene cosa dovete fare!" aggiunse Karl alzandosi dalla tavola, i tre lo seguirono lungo il corridoio fino al suo studio.
Intanto nella grande villa/base dei cyborg Joe si era appena alzato dal letto, l'orologio segnava le 11, in realtà era sveglio già da un paio d'ore, ma non aveva voglia di far colazione con gli altri, si vestì e scese in cucina.
Si preparò un caffè stupendosi di non trovare il pane tostato che ogni mattina preparava Françoise, pensò che probabilmente avevano già finito tutto. Quando la macchinetta del caffè cominciò a borbottare alzò il coperchio e il profumo invase tutta la cucina e la sala. Spense il fornello e si versò il caffè in una tazzina, poi si sedette vicino alla finestra. Pioveva forte, l'aria era più fresca e umida. Finalmente una tipica giornata autunnale.
Sorseggiò pensando a cosa poteva fare Françoise in quel momento, la immaginava sul letto a guardare la pioggia scendere, oppure poteva essere in giro con Bretagna o Albert. Il pensiero di lei con gli altri lo irritò, ma doveva calmarsi, era solo colpa sua se erano così distanti adesso.
"Joe... allora ci sei, pensavo fossi uscito anche tu!"
"Ciao Bretagna, mi sono svegliato tardi stamattina"
"Vedo... ahh c'è ancora del caffè, posso rubartelo?"
"Certo, prendilo pure!"
"Accidenti ho una fame, Françoise ci ha abituato così bene alle ricche colazioni che quando non c'è, è una sofferenza!"
Joe si fece più attento "Non c'è?" chiese.
"Si, non lo sapevi? Beh, nemmeno noi in effetti, Lei, Albert e Jet sono partiti nella notte per una missione, Gilmour ci ha avvisati stamattina".
"Che missione?" non riusciva a mantenere un atteggiamento distaccato, ormai era totalmente assorbito dalle parole dell'amico.
"Non lo so, non ce l'ha spiegato, ha detto solo che torneranno presto... hummm ma questo caffè fa schifo, ahh poveri noi senza Françoise!" ironizzò Bretagna uscendo dalla sala.
Il cuore di Joe batteva a tremila, sentiva le mani tremolare per la tensione. Posò la tazzina sul lavello ancora mezza piena e si diresse dal Dottore. Davanti la porta dello studio ebbe un tentennamento improvviso, cercò di calmarsi un po' e poi quando si sentì più tranquillo bussò alla porta.
"Vieni avanti, Joe!"
Lui richiuse subito la porta alle sue spalle, posò entrambe le mani sulla scrivania, rimanendo in piedi, tutto lo sforzo di mantenersi calmo svanì come una bolla di sapone, non ci riusciva e comunque era inutile nascondere i propri sentimenti a Gilmour.
"Dove sono andati? Di che missione si tratta? Perché non sono stato interpellato?"
"Una domanda per volta, ragazzo mio, posso?" disse indicandogli la sedia.
"Sì, scusi!" rispose Joe sedendosi.
"Ieri sera Ivan ha fatto da tramite tra me e un mio carissimo amico che vive in un'isola stato non molto lontana da qui, da poco è terminata una guerra civile e gli serve il nostro aiuto per disinnescare alcune mine nel territorio. Françoise le individuerà, Albert le disinnescherà e Jet le porterà via. Non si tratta di una grande isola, penso che in una settimana saranno di ritorno. Non ti ho interpellato perché mi sei più utile qui e ho scelto loro tre perché sono indispensabili al fine della missione che non è particolarmente pericolosa".
"Mi scusi dottore, non volevo mettere in dubbio le sue scelte... è solo che..."
Gilmour lo lasciò parlare.
"Lei certo saprà già quello che è successo tra me e Françoise..." il dottore annuì
"... ho commesso un grave errore..."
"Joe, in amore succede di litigare, un grande amore si vede anche da questo, dalla capacità di abbattere tutti gli ostacoli".
"Mah... non si tratta di una litigata semplice, io non so... non capisco cosa mi è preso".
"Parlamene"
"Ho incontrato una ragazza conosciuta qualche anno fa, mi piaceva allora e quando l'ho rivista sono rimasto colpito nuovamente, attratto da lei, per qualche giorno ho continuato a incontrarla in città, Françoise si è accorta che c'era qualcosa di strano e mi ha seguito. Questa ragazza sa che sono un cyborg, mi ha confessato di essere innamorata di me e io... io non so cosa mi è preso... il pensiero di essere amato da una persona che pur non essendo un cyborg come me, mi capiva e non ne era spaventata... non so... mi aveva completamente preso questa cosa... facendomi dimenticare di Françoise, facendomi dimenticare che sono un mezzo robot, mi son sentito vivo..."
Gilmour abbassò lo sguardo, aveva adesso un'aria alquanto grave sul viso.
"Joe, io capisco i tuoi sentimenti, capisco cosa hai provato, dei dubbi possono nascere, ma... ciò che mi hai detto è molto grave, questa cosa può spezzare il cuore di Françoise. Ragazzo mio, non puoi amarla finché non accetti te stesso, così la farai soltanto soffrire."
"Lo so... "
"Chiarisciti le idee, ora che è lontana forse ti sarà più facile, quella ragazza continui a vederla?"
"No, dopo quello che è successo... le ho spiegato che non sono innamorato di lei e che preferisco non vederla più. Le ho ferite entrambe con il mio comportamento".
"Cerca di concentrarti su te stesso, ma qualunque cosa deciderai, Joe, ascolta il mio consiglio, non dire mai queste cose a Françoise, non dirle che l'hai tradita perché hai cercato in una ragazza umana di sentirti umano anche tu, non dirle che essendo un cyborg lei non c'è riuscita, la ucciderai".
Joe capì perfettamente cosa intendeva il dottore, annuì gravemente con la testa poi si alzò.
"Grazie, se avrà bisogno di me sarò nella mia stanza!"
"Va' pure, ragazzo!"
Uscì.
CAPITOLO 2
"....Quindi riepilogando, questa è la distesa di 200 ettari dove si trova la maggior concentrazione di mine, vi porteremo in questo punto" disse Karl indicando sulla mappa "poi verso sera vi verremo a riprendere".
"Perfetto, allora direi di metterci in cammino!" disse Jet.
Takeshi e Kim li accompagnarono con una Jeep, li lasciarono proprio nel punto prestabilito.
"Dunque, sono le 12, ci rivediamo qui alle 7 di sera" disse Kim mentre l'altro fece manovra per tornare indietro.
"Perfetto" rispose Albert.
Prima di partire erano stati riforniti di panini e borracce di acqua fresca che Jet depositò sotto una quercia molti Km più lontano, giusto per darsi una meta, Françoise cominciò a visualizzare le mine, una dopo l'altra le indicava ad Albert che vi depositava sopra un congegno in grado di disattivarle o nel caso non fosse possibile le faceva esplodere. Jet poi prelevava il residuo bellico e lo depositava in un'area che avevano precedentemente stabilito quale discarica, dopo averle accumulate tutte lì sarebbe stato più facile prelevarle e portarle in un posto attrezzato allo smaltimento.
Procedevano abbastanza rapidamente, verso le 15 raggiunsero il luogo per rifocillarsi, Albert si stese per terra, affaticato, mentre Françoise distribuiva da bere.
"Già sei stanco? Ci staremo mica impigrendo?" ironizzò Jet.
"Parli bene tu, che hai volato tutto il tempo"
"Ma guarda Françoise, ha camminato molto anche lei eppure, è fresca come una rosa!"
Françoise arrossì.
"Lei è sempre così, anche dopo ore di corsa sotto il sole!"
"Finitela.... sono stanca anche io!" sorrise.
Albert vide un fiorellino bianco sotto una siepe vicino a lui, lo prese e poi lo porse alla ragazza.
"E adesso non dirmi che non sono romantico!"
"Oh... Albert... grazie!" sorrise sempre più imbarazzata, ma felice per le attenzioni che le riservavano.
"Ah si? La mettiamo così?..." Jet si guardò intorno vide un cespuglio di bacche rosse, era l'unica cosa abbastanza carina che poteva prendere, così ne staccò un mazzetto e lo diede a Françoise.
"E io? Non sono romantico?"
Lei sorrise "Siete adorabili!"
"E' bello vederti sorridente sai! E anche vederti mangiare..."
Françoise rimase sorpresa dalle parole di Jet "Ma io mangio..."
"No, testolina, ieri non hai toccato cibo, sei già un uccellino, vuoi sparire?"
Lei evitò il loro sguardo, poi disse "Ieri ero nervosa e non avevo fame, ma oggi sto veramente bene, grazie a voi!"
I due ricambiarono il sorriso poi Jet fece per alzarsi "Ok, abbiamo oziato abbastanza direi di rimetterci a lavoro!"
Albert si alzò e porse la mano a Françoise aiutandola a fare altrettanto.
"Ehi, amico, evita di fare il provolone!" ammiccò Jet mentre lei rideva.
"Provolone, io? E tu? Corteggiatore di bacche ammuffite, parli bene tu!" scherzò l'altro.
Françoise aveva ormai le lacrime agli occhi per il ridere "Daiii basta... finitela di fare i bambini e mettiamoci a lavorare seriamente!"
"Certo! Mammina... Hai visto Jet hai fatto arrabbiare la mammina!"
Françoise incrociò le braccia, ma stava ancora ridendo.
"Mammina, mammina dov'è la mina?" Chiedeva cantilenando Albert.
Ormai lei era letteralmente piegata dal ridere... ma dovevano rimettersi a fare le cose sul serio e quindi si ricompose, cominciando ad indicare più o meno seriosa le mine da disattivare.
Intorno alle 7 di sera lei vide in lontananza la Jeep. Jet la prese in braccio all'improvviso "Mademoiselle mi permetta di accompagnarla!" e si mise in volo.
"Ehi, amico torna a prendere anche me!" urlò Albert.
Poco dopo Jet tornò e fece segno ad Albert d'aggrapparsi "Beh! A me, Prego Mademoiselle, non lo dici?"
"Ti lascio qui?"
"Ehi guarda che faccio la spia sai, tu non puoi provarci con la ragazza del tuo migliore amico!"
"Andiamo io sto scherzando, tu piuttosto....che intenzioni hai?"
"Intanto Joe non è il mio migliore amico..." Jet lo guardò male "Ok...ok scherzo... sto giocando, ma la vedi com'è sorridente?"
"Già... facciamola divertire, così non penserà a niente di triste!"
Seduto sulla jeep finalmente anche Jet poté allungare un po' le gambe e riposare.
Quando arrivarono alla villa s'era già fatto buio e la cena era quasi pronta, si fecero una doccia prima di scendere a mangiare.
La cena era quasi pronta anche alla casa degli altri cyborg. Chang aveva preparato alcune sue specialità cinesi e stava per servire in tavola. Fuori pioveva ancora forte, Joe si domandò se anche da lei fosse così brutto il tempo, non riusciva a smettere di pensarla, la immaginava mentre camminava alla ricerca di mine, a volte il suo pensiero era così forte che gli sembrava fosse veramente davanti a lei, poteva sentirne il profumo della pelle, quasi gli sembrava di toccarla, poi però ricacciava via questi pensieri "Come diavolo si fa a stare così? Ma perché?" continuava a domandarsi. C'era una sola risposta e la conosceva bene, ma non voleva accettarla, non ancora.
Continuava anche a pensare alle parole di Gilmour "Devi prima accettare te stesso o continuerai a ferirla" aveva ragione, pensò. Non poteva farle più del male, doveva prendersi le sue responsabilità e stavolta per sempre, qualunque decisione avesse preso, sarebbe stata per sempre, irrevocabile. Doveva capire cosa voleva veramente, ma soprattutto accettare se stesso e la sua condizione. Pensava a tutto questo mentre era seduto alla tavola insieme agli altri, senza prestare attenzione ai loro discorsi, poi si accorse che parlavano di lui e tornò alla realtà.
".... e quindi, se Joe si sveglierà dal suo letargo gli chiederò se vuole un po' di spaghetti fritti oppure se preferisca il manzo in salsa d'ostriche..."
"Chang, va bene il manzo per me!"
"Ohhhhhh.... incredibile, s'è svegliato! Pensavamo fossi caduto in una specie di trance!" ironizzò Bretagna.
"Ci sono, ci sono... allora Chang? Questo manzo?"
"Adesso pretende pure, il signorino..." borbottò sorridendo Chang.
Risero un po' tutti, Joe sorrise appena.
Geronimo gli diede una pacca sulla spalla "Andiamo amico, ridi!"
"Lo sai che se non fossi ciò che sono con quella manata mi avresti spaccato la schiena?"
"Appunto, ma tu sei ciò che sei!" scherzò il gigante.
Joe parve intristirsi a quelle parole.
"E cosa sei? Se non un rincitrullito?" sdrammatizzò come al solito suo Bretagna.
"Hai ragione..." stavolta Joe sorrise un po' di più "Sono davvero un rincitrullito!"
Gilmour entrò in quel momento con Ivan in braccio, notò che il volto del ragazzo si era fatto meno teso. Sembrava quasi più sereno e ne fu compiaciuto, poi disse: "Ragazzi, Ivan si è messo in contatto con Françoise, oggi hanno bonificato circa 30 ettari di territorio minato, è andato tutto bene, vi salutano, erano molto stanchi, si sono proprio dati da fare".
"Wow, ci danno dentro quei tre, potrebbero aprire una società" ironizzò ovviamente sempre Bretagna.
"Che tempo faceva lì, dottore?" chiese Joe.
"Bello, mi ha detto che c'è stato il sole tutto il giorno era stupita di sapere che qui piove!"
Joe sorrise, contento di avere sue notizie.
"Quanto staranno ancora via?" chiese Punma.
"Le mine sono molte di più di quello che pensavamo, ma loro procedono velocemente per cui credo che rispetteranno i tempi e tra una settimana saranno già qui".
"Menomale, altrimenti a furia di mangiare cinese mi rovino" scherzò ancora il comico inglese.
"Bene allora domani cucini tu, vero?"
"Se vogliamo morir di fame, fate cucinare lui" stavolta a scherzare era Geronimo.
"Io vi alimenterò con le mie battute!" insistette Bretagna.
"E noi ti alimenteremo a suon di menate!" continuò Geronimo in un crescendo di botte e risposte e
risate che coinvolsero anche il pensieroso Joe.
CAPITOLO 3
La cena era stata molto sostanziosa, Françoise aveva mangiato con grande appetito mentre il Dott. Karl discuteva con Jet e Albert delle aree da bonificare. Lei era troppo stanca per questi discorsi, la notte prima praticamente non aveva dormito, tra ciò che era successo con Joe, il viaggio in auto e la missione svolta nella giornata aveva sicuramente accumulato tanta stanchezza per dormire di sasso una settimana, ma prima di coricarsi rimase un po' nel cortile esterno della villa a guardare il cielo stellato. Improvvisamente sentì dei passi, si girò e in lontananza vide Kaori avvicinarsi, quando fu più vicina la salutò con un dolce sorriso."Ti disturbo, Françoise?"
"Ma no, figurati, mi sto solo rilassando sotto questo meraviglioso cielo!"
"Sei stanca, vero?"
"Moltissimo, è stata una lunghissima giornata.... anzi no, sono state due lunghissime giornate..."
"Sei molto forte..."
Françoise sorrise perplessa.
"Mi piacerebbe essere forte come te e aiutare mio padre!"
"Lo stai già aiutando!"
"Ma se non posso far nulla..."
"Lo incoraggi ad andare avanti, lo aiuti psicologicamente, è importante..."
"Ma se fossi come te... se fossi..."
"Un cyborg? Kaori, credimi, non c'è niente di bello ad esserlo, non scherzare su queste cose, non sai quanto sia difficile accettarlo ogni giorno per noi".
"Mi dispiace, scusami, sono una stupida..."
"No, non è vero, anzi trovo bellissimo che l'amore per tuo padre e per i suoi ideali ti faccia pensare a queste cose, ma credimi, per lui sei utile così come sei."
"Da quanto sei un cyborg?"
"Da molti anni" il viso di Françoise si rattristò di colpo.
"Forse non vuoi parlare di queste cose, scusami..."
"Non preoccuparti..."
"Mio padre mi ha detto che siete in 9 e che tu sei l'unica ragazza, ma non ti senti mai sola?"
"Loro sono la mia famiglia, il Dottor Gilmour è come un padre, e gli altri come dei fratelli, certo a volte sento il bisogno di sfogarmi con un'altra donna, ma poi passa, ho loro e sono la cosa più importante per me".
"Io ho mia madre, parliamo spesso, ma mi sento sola lo stesso, poi con mio fratello, non ci parliamo proprio, è così strano, sempre polemico con mio padre, sempre così poco altruista..."
"Ho notato, tuo fratello non condivide lo sforzo di tuo padre, e invece Kim? Con lui parli mai?"
Kaori abbassò lo sguardo, sembrava frugasse nei ricordi, poi le scivolò una lacrima "Kim e io... eravamo fidanzati, lo siamo stati per un anno, quando ancora c'era la guerra, poi mio padre è sceso in campo per la pace e lui è cambiato, ha cominciato a frequentare di più Takeshi e dopo un paio di mesi di crisi mi ha lasciata, da allora non mi ha mai più parlato, pensare che prima eravamo inseparabili, adesso nemmeno mi saluta, non mi ha mai detto perché...."
"Mi dispiace..."
"No, va bene così, anzi, parlarne mi fa bene... di Kim non sanno nulla i miei, solo Takeshi lo sa."
Françoise sentiva che ormai le stavano cedendo le forze, sorrise alla ragazza al suo fianco e con dolcezza le disse: "Kaori, sono felice di aver parlato un po' con te, perché domani sera non mi accompagni a fare un giro in città? Ora però sono veramente stanchissima..."
"Certo che ti accompagno, anche io sono stanca, buonanotte!"
"Buonanotte!"
Françoise risalì le scale con passi lenti e pesanti, stava quasi svenendo dalla stanchezza, fece giusto in tempo a sdraiarsi prima di crollare nel sonno più profondo.
"Che cosa sei, cosa vuoi, guardati... guardami... che uomo sei? Non sono un uomo!.... Perché? Perché non sono capace di amare! Perché? Non sei stato capace di farti amare da tuo padre, non sei stato capace di salvare tua madre, non sei stato capace di dimostrare l'affetto che provi per i tuoi amici... Perché? Non sono stato capace di tenermi stretto l'unica donna che mi abbia amato veramente per ciò che sono! Perché?" Joe in piedi davanti allo specchio, parlava alla sua coscienza "Guardati.... Guardami, maledetto, che cosa sei? Che cosa vuoi, perché non sai amare???" piangeva, alla sua destra una parte di specchio era frantumata, l'aveva colpito con un pugno ferendosi la mano, ma non aveva sentito nemmeno il solletico, la ferita continuava a sanguinare, non se ne accorgeva, troppo preso nel suo delirio di tristezza "Dove sei? Dove sei amore mio, dove sei... non sono capace di amare... di amarti.... amore mio, ma cosa fai adesso? ...No, non sono capace di amare, non ti posso amare... perché tu mi ami? Cosa ci trovi in uno come me? Che ti fa solo soffrire??? Amore mio... perdonami, ovunque tu sia, se mi senti, ti prego, PERDONAMI!!!" singhiozzava sempre più forte mentre si sedeva con la schiena contro la parete per terra.
Françoise si alzò di soprassalto nel suo letto, con il cuore che le batteva forte e le lacrime agli occhi... "Joe..." disse piano... ma capì di aver solo sognato quel fiume di parole disperate, poi le venne un dubbio "Ivan..." chiamò, non ricevette risposta e tornò a dormire rassegnata.
Gilmour che aveva fatto tardi nel suo studio a controllare alcune informazioni notò Ivan nella sua culla dormire sorridendo, spense la luce e si addormentò anche lui.
CAPITOLO 4
La luce del sole filtrava dagli spiragli della finestra, Françoise si svegliò contenta di trovare un'altra bella giornata. Si affacciò al balcone, il mare era calmo, una tavola azzurra brillante. Non faceva troppo caldo, anzi l'aria era frizzante. Si mise un golfino di flanella beige e i jeans, poi scese a fare colazione.
Albert e Jet erano già scesi e la stavano aspettando.
"Stellina come stai oggi? Dormito bene?" le chiese premurosamente Jet.
"Sì, dormito bene, grazie e voi?"
"Bene, bene, c'è un tempo da favola in questo posto, c'è il sole, ma non è afoso come da noi!" disse Albert.
"Ieri pioveva alla nostra base... me l'ha detto Ivan!"
"Pioveva? Quando manchi tu... non c'è più il sole..." ironizzò ancora Albert.
Françoise arrossì, poi nella sala giunse il dott. Karl. "Buongiorno ragazzi" disse e loro risposero calorosamente al saluto.
"Ho deciso che oggi vi lasceremo la Jeep, ormai conoscete il posto, vero?"
"Sì, Dottore, va benissimo!"
Françoise notò una certa agitazione nel volto di Karl "Qualcosa non va?" gli chiese.
"No, è solo che... ho problemi con mio figlio, ha un carattere ribelle, sarà l'età... scusatemi, non voglio annoiarvi con questi problemi, quando volete partire la jeep la trovate nel cortile già pronta anche con i viveri. Ora devo lasciarvi, a stasera!"
"A stasera!" risposero loro.
Finita la colazione scesero dove era la jeep pronta e partirono per la distesa minata.
Una volta arrivati si misero a lavoro come il giorno precedente, ricominciando da dove avevano lasciato, verso sera tornarono alla villa, dopo averne bonificato altri 30/35 ettari. Dopo cena decisero di andare in città accompagnati da Kaori. Françoise era vicina alla ragazza mentre Albert e Jet camminavano poco dietro. La cittadina era molto bella, la piazza centrale era in realtà una grande rotonda affacciata sul mare e circondata da tante piccole villette, ma si potevano ancora notare evidenti segni di proiettili sui muri, crateri lasciati da bombe che avevano ormai per sempre segnato quel paesaggio. Entrarono in un localino, semplice, tutto di legno, alle pareti erano fissate reti da pesca che davano al posto la tipica impronta marinara. Françoise rimase affascinata da alcuni quadri "Questi li dipinge un vecchio maestro, abita qui vicino, sa fare dei ritratti stupendi, se vuoi prima di ripartire ti ci porto e te ne fai fare uno..."
"Mi piacerebbe moltissimo" rispose lei sorridendo.
"Sarà sicuramente un capolavoro..." sussurrò Albert.
"Cosa? Perché?" chiese Françoise.
"Per il soggetto del quadro, se sei tu sarà certamente un capolavoro..." continuò lui.
"Ah, ma allora siete tutti innamorati di lei?" ironizzò Kaori
Risero.
"Ragazzi io sono veramente stanco, torniamo a casa?" disse Jet con gli occhi mezzi chiusi.
"Sì, torniamo..." rispose Françoise.
Una volta alla villa però lei si fermò a parlare con Kaori nel cortile mentre i due salivano nelle loro stanze.
"Sono proprio innamorati di te..." disse la ragazza.
"No, non è vero, mi vogliono molto bene, solo questo!"
"Sei triste, Françoise? A cosa stai pensando?"
"Niente... non preoccuparti..."
"Qualcuno deve averti fatto proprio soffrire, vero?"
Françoise la guardò "Non ha importanza".
"Lo ami molto, vero? Lui dov'è? E' uno dei tuoi amici?"
"Kaori...io..."
"Jet e Albert vogliono proteggerti, si vede che fanno a gara per non farti pensare a lui, sono proprio dei grandi amici!"
"Sì, questo è vero..."
"Vorrei avere degli amici così... mi sentirei sicuramente meno sola..."
"Perché non provi a parlare con Kim, cercate di chiarirvi!"
"No, è finita ormai..."
Françoise fu colta da un'improvvisa ondata di tristezza "Hai ragione, è finita ormai..." sussurrò.
"Mi dispiace, riesco sempre a farti intristire".
"Non è vero, anzi, mi fa bene parlare un po'".
"Ti ringrazio, sei davvero una persona speciale, è comprensibile che ti vogliano così tanto bene!"
Françoise abbracciò la ragazza "Sei davvero dolce, Kaori, ti auguro di trovare presto un grande amore e degli amici capaci di amarti veramente!" le disse, poi salirono nelle loro stanze.
Joe aveva passato tutta la giornata chiuso nella sua stanza, senza nemmeno toccare cibo, la profonda tristezza che lo avvolgeva lo aveva tramortito. Non aveva mai pianto così tanto in vita sua, non aveva mai messo in discussione tutto se stesso come ora.
Si era fasciato il taglio della mano alla meno peggio, ma non era niente di grave, poggiava la schiena e la testa sul pavimento mentre le gambe erano stese sul letto, le braccia spalancate distanti dal busto. Guardava il soffitto con l'aria del tutto assente. Gilmour, in serata, bussò alla sua porta un paio di volte, non ricevette risposta, ma entrò lo stesso.
Vedendolo in quello stato provò un forte senso d'angoscia.
"Joe" lo chiamò e finalmente il ragazzo si accorse della sua presenza alzandosi di scatto.
"Mi scusi Dottore, non l'ho sentita entrare."
"Come ti senti? Che hai fatto a quella man... ah... lo specchio..."
"Si... sono stato un po' agitato ieri notte...."
"Non puoi continuare così!"
"Lo so, ma mi riprenderò, potessi solo..."
"Cosa?"
"Niente..."
"Parla, Joe!"
"Potessi solo... vederla, abbracciarla......"
"Joe, sei sicuro di volerlo?"
"E' la sola cosa che voglio... non riesco a vivere senza di lei..."
Gilmour lo abbracciò, sentiva quanto fosse infinitamente fragile in quel momento, tanto forte fisicamente, come perso dentro di sé.
"Allora vai da lei..." gli disse "si trova nell'isola di Pang, vai al porto di Kaji e prendi il traghetto, purtroppo non posso avvertire Karl per farti venire a prendere con il motoscafo, la linea telefonica funziona male in quel posto e solo in alcune ore, l'unico modo per mettermi in contatto con lui è Ivan, ma ora dorme e non so quando si sveglierà".
"Lei crede che... che mi perdonerà?"
"Non posso assicurartelo però... se davvero sai quello che vuoi, sono sicuro che glielo saprai dimostrare e ti perdonerà".
"Grazie!"
"Ti giuro che se poi provi a combinare un altro casino come questo ti faccio picchiare da Geronimo!" scherzò il dottore facendolo sorridere.
CAPITOLO 5
La mattina dopo Joe partì per il porto di Kaji, non erano molti i traghetti, il primo disponibile l'aveva alle 17, fece un giro per la cittadina portuale, in un negozietto vide un piccolissimo cristallo di Swaroszky a forma di ballerina, se lo fece incartare e lo portò con sé. Puntuale il traghetto partì in direzione dell'isola, lento, lento, ma quello che importava a Joe è che entro sera avrebbe finalmente abbracciato il suo grande amore.
Dopo l'ennesima giornata a disattivare mine i tre amici tornarono alla villa, ormai mancava poco, solo qualche ettaro e avrebbero terminato il lavoro, dopo cena Françoise scese come di consueto nel cortile, era ormai il rito che si concedeva prima di andare a dormire per rilassarsi un po'.
Seduta vicino alla fontana a guardar le stelle, pensava e aveva un'aria piuttosto malinconica, quando all'improvviso una folata di vento la fece rabbrividire, si chiese come mai, visto che non c'era stato vento fino ad allora, lì per lì le sfiorò un dubbio che era quasi una speranza, ma poi si convinse che era solo un colpo di vento.
Dopo poco sentì dei passi avvicinarsi, sorrise e disse: "Albert... ancora sveglio?"
"Tu piuttosto... che fai qui tutta sola?" chiese sedendosi al suo fianco.
"Guardo un po' il cielo stellato, è una vecchia abitudine che ogni tanto torna!"
"Le vecchie abitudini sono dure a morire..."
"E' vero..."
"Sei più serena adesso? Ti ha fatto bene distrarti un po' qui"
"Si, mi ha fatto bene e voi due siete stati fantastici!"
"Non sopporto di vederti triste... lo sai? E' una cosa che non riesco a tollerare... se solo tu..." si fermò di scatto.
"Albert..."
"Se solo ti fossi innamorata di me..."
"Oh.. Albert... non dirlo..."
Albert la strinse fra le braccia e la baciò, Françoise si scostò da lui subito, guardandolo.
"Lo so che non sarai mai innamorata di me, ma ricordati che qualunque cosa accada non sarai mai sola" poi si alzò e andò via.
Françoise rimase ancora un attimo in cortile, scossa da quelle parole, poi risalì in camera, sulle scale incontrò Jet.
"Stellina cos'è questa faccetta?" le chiese.
"Niente... sono solo stanca."
"Ehi, voglio vederti sorridere, hai capito?" disse abbracciandola.
Françoise gli sorrise poi proseguì fino alla sua stanza.
Entrò e accese la luce, fu un attimo, si accorse subito di una presenza in balcone, fu ancora più svelta ad identificarla grazie alla sua vista e ci mise poco a ricollegare il tutto al colpo di vento sentito precedentemente in cortile, ma prima che potesse decidere cosa fare, Joe avanzò incontro alla luce dentro la stanza. Françoise rimase immobile in silenzio e anche lui non parlava, la guardava soltanto, poi avanzò di un passo e lei di riflesso lei si appoggiò alla parete, più di così non poteva allontanarsi, in quel momento erano come due calamite girate una verso l'altra dallo stesso polo, si respingevano, attraendosi. Joe avanzò ancora e ancora finché non le fu così vicino da sfiorarla, non aveva mai staccato lo sguardo dagli occhi di lei. La tensione era fortissima, lei era una miscela esplosiva di emozioni pronta a scoppiare e lui sapeva quali tasti toccare. Appoggiò le sue labbra a quelle di lei continuando a fissarla, Françoise tremava, ma anche lui era teso, poi la guardò con una luce diversa negli occhi, Françoise capì cosa stava per fare, ma fu più veloce lui, di scatto la baciò sul collo con infinita dolcezza e tutto il loro controllo fino a quel momento ostentato svanì nel nulla, i loro corpi adesso avevano fame di riconoscersi, di amarsi, per dimenticare, per non soffrire più.
Senza dir nulla perché a volte non esistono parole... perché a volte non servono, perché a due che si desiderano così come loro nulla ha più importanza di tutto questo.
Verso l'alba erano ancora così, stretti l'uno all'altra, sul pavimento, addormentati e mezzi nudi, lui la stringeva forte, come se avesse paura di vederla svanire nel nulla, si svegliarono insieme, si guardarono a lungo, poi cominciarono a piangere, a ridere, a baciarsi le lacrime, a guardarsi, ad accarezzarsi e sorridersi.
"Se mi chiedessero come preferirei morire... risponderei così... fra le tue braccia, non potrei esser triste" le disse.
"Se mi chiedessero come vorrei vivere... risponderei così... stretta fra le tue braccia per sempre" rispose lei.
"Per sempre..." marcò Joe allungando una mano verso la giacca buttata per terra vicino a lui, ne estrasse un pacchettino che Françoise aprì subito.
"Mah.. è bellissima..." disse tenendo la ballerina di Swaroszky in mano.
"Mi ricordava te..." sorrise Joe accarezzandole i capelli.
Passarono le ore persi nelle loro coccole, ma il dovere chiamava, Françoise si preparò e scese a fare colazione, il suo sorriso era così luminoso e i suoi occhi così colmi di gioia che gli altri non potevano non accorgersi del cambiamento.
"Ehi piccola, che luce che emani oggi!" le disse Jet.
"Devi aver fatto un bel sogno?!" Commentò Albert.
Françoise ancora non rispose, si versò il the nella tazzina e poi versò anche del caffè in un'altra.
"Hei, non vorrai esagerare, poi ci diventi nervosa!" ironizzò Jet.
Lei sorrise.
"Beh si vede che vuole fare strage di mine!" rispose a tono Albert.
"Vi dispiace se vi faccio compagnia oggi?" Joe entrò nella sala sotto gli occhi stupiti dei due.
"Ahh... ora capisco..." sorrise Jet.
Joe si sedette vicino ad Albert, gli mise una mano sulla spalla poi sussurrò "Eh, amico mio, ti piace guardare le stelle, eh? Strano non ti facevo così romantico!"
Albert arrossì "Non è successo niente..."
"Per TUA fortuna..." rispose Joe ammiccando.
Un'ora dopo erano impegnati a far saltare le ultime mine.
"Hei, Joe, evita di distrarcela per favore!" scherzò Jet.
"Smettetela... dai che manca poco..." disse lei, ma all'improvviso notò dei movimenti strani dietro una siepe, era un bambino che accorgendosi di essere stato notato cominciò a correre proprio in direzione di una mina, si precipitò a fermarlo, Joe attivò l'accelerazione e proprio mentre lei aveva afferrato il bimbo e la mina stava scoppiando li portò in salvo a distanza di sicurezza, ma lei era comunque rimasta ferita a una gamba da una scheggia. Il Bambino terrorizzato cercò di divincolarsi dal suo abbraccio, nonostante la ferita le facesse male continuò a stringerlo, mentre anche Albert e Jet erano accorsi lì intorno.
"Calmati, calmati... piccolo!" diceva lei.
"Non vogliamo farti del male" disse Jet prendendolo in braccio "Come sei arrivato qui?"
"Mi hanno detto... mi hanno detto di venire qui... che avrei trovato mio fratello...qui!"
"Chi te l'ha detto?" chiese Françoise sospettando qualcosa.
"Kim e Takeshi di villa Taomi, mi hanno detto che mio fratello era venuto a giocare qui e che mi chiamava!"
"Lo immaginavo" sussurrò Françoise, la sua ferita sanguinava e bruciava, ma non ci faceva caso.
"Non devi dare retta a quei due, hai capito? Tuo fratello non è qui, torna a casa ora"
Il bimbo annuì, Jet mollò la presa e lui scappò via.
"Cosa pensi?" Le chiese Albert quando il bambino fu lontano.
"Kim e Takeshi vogliono boicottare la missione, ce l'hanno con il Dottor Karl anche se non riesco a capirne il motivo, bisogna trovarli prima che facciano del male a qualcuno".
Finirono di disattivare le ultime mine, Joe era preoccupato per la gamba di Françoise, l'emorragia non si fermava.
"Dobbiamo tornare indietro, devo medicarti la ferita" le disse.
"Sto benissimo, ci sono cose più importanti da fare..." in quel momento sentì un leggero sibilo nell'aria e poi altri "Tutti a terra presto!" gridò appena in tempo. "Da dove provengono gli spari?" chiese Albert.
"Sono dietro quella siepe, ma non puoi fargli del male, Albert, non sono nemici, sono solo due stupidi ragazzini."
"Allora ci penso io" Joe attivò l'accelerazione e in un batter d'occhio era dietro i due, diede contemporaneamente a entrambi una botta che li fece svenire, Jet lo raggiunse, caricarono i due sulla Jeep, quando anche Albert e Françoise furono a bordo, tornarono alla villa.
"Che è successo a mio figlio? Che è successo?" urlava Yohami vedendoli arrivare.
"Stia tranquilla signora, sono solo svenuti!" disse Jet.
"Portateli nel mio studio" ordinò severo Karl.
"Dottore posso parlarle?" chiese Françoise.
"Oh, mio Dio, sei ferita, certo vieni anche tu, mi parlerai mentre ti medicherò".
Joe, Jet e Albert attesero in cortile, insieme a Kaori che appresa la notizia era accorsa.
"Stai tranquilla stanno bene..." la rassicurò albert.
"Non sono preoccupata per loro... se lo meritano, sono due stupidi, due stupidi! Povera Françoise..."
"Sta bene anche lei, stai tranquilla, basterà medicarle la ferita!" disse Joe.
"Tu..."
"Scusami, non mi sono presentato, io sono Joe, sono anche io un cyborg!".
"Ahh... sei un amico di Françoise...!" sorrise lei.
"Sì" rispose ricambiando il sorriso.
"Non fare il solito modesto... non sei solo un amico" ammiccò Jet.
Kaori capì e sorrise.
Intanto nello studio Karl medicava Françoise.
"Sono due pazzi... due pazzi..." diceva.
"Dottore, suo figlio non ha compreso il suo sforzo, è geloso delle attenzioni che ripone nei riguardi dell'isola, ha bisogno delle sue attenzioni, non lo sgridi, a volte il perdono può aiutare di più di una punizione".
"Ma potevano uccidere quel bambino e anche voi..."
"La prego, ha bisogno del suo aiuto, per guarire dall'invidia e dal male che lo affligge":
"E Kim... come ha potuto anche lui farmi questo, l'ho sempre trattato come un figlio!"
"Kim è soggiogato da Takeshi, non ha un carattere forte è stato plagiato, lo vede come non contraddice mai nessuno? Sempre neutrale, sempre lontano da qualsiasi posizione. Kim ha bisogno di un altro aiuto, ma so già chi potrà occuparsene, lei pensi a suo figlio, gli stia vicino, parlatevi, non lo tenga lontano, lo coinvolga, lo faccia sentire importante, non commetta mai l'errore di trascurarlo, i figli soffrono e poi inevitabilmente sbagliano!".
"Grazie Françoise, sei un angelo!"
"Ahi.." sussultò lei.
"Scusami..."
"Non si preoccupi, in che condizioni è la ferita?"
"Si è infettata con la terra e con i pezzetti della mina, ora che l'ho pulita sta meglio, certo che il caro buon vecchio Gilmour ha fatto proprio un bel lavoro, a vedervi non sembrate assolutamente cyborg".
"E' vero..." confermò lei.
"Ecco, per 5 giorni la sera cambia la benda e medicala con del Mercurio Cromo, poi lascia che si asciughi all'aria e vedrai che in una settimana starai già bene... tanto poi Gilmour te la controllerà".
"Grazie".
"Grazie a te!"
Françoise sentì che Takeshi si stava svegliando, consigliò a Karl di andare a parlargli e lui obbedì, lei uscì dallo studio e si diresse dagli amici in cortile.
"Tesoro!" sobbalzò Joe vedendola arrivare.
"Va tutto bene, non è niente, solo un graffio!" disse abbracciandolo.
"Françoise che bello, stai bene!" strillò contenta Kaori, anche Jet e Albert erano felici di vederla.
"Kaori, vieni un attimo con me, devo parlarti!" Kaori la seguì vicino alla fontana.
"Non devi essere arrabbiata con tuo fratello..." le disse "Siete uguali, entrambi soffrite di solitudine, solo che lui ha scaricato la colpa su tuo padre, parlagli, stagli vicino e comprendilo, lo stesso vale per Kim, è solo un ragazzo fragile che si è fatto condizionare da Takeshi, perdonalo, sono sicura che tu saprai fargli capire il suo errore, sono sicura che ti ama, ma ha paura, fagli sentire la tua forza. Sai... a volte tocca a chi è più forte indicare la strada giusta a chi per diversi motivi, rabbia, paura, gelosia, non riesce a vederla. Ora tocca a te. Io so che ci riuscirai!".
Kaori l'abbracciò piangendo.
"Françoise, tornerai a trovarmi? Come farò quando avrò bisogno di te".
"Scrivimi ogni volta che vorrai e quando la linea telefonica sarà stabile potrai chiamarmi per te ci sarò sempre".
"Sei come una sorella maggiore per me, ti voglio bene".
"Anche io, piccolina, anche io ti voglio bene!" si strinsero ancora in un tenero abbraccio e poi tornarono indietro. "Ora va, Kim è già sveglio!"
"Certo a dopo!" salutò.
EPILOGO
Il motoscafo era già pronto da una mezz'ora, ma i saluti, i ringraziamenti, non avevano mai fine, Karl diede un pacchetto a Françoise per Gilmour e ai 4 ragazzi donò delle medagliette fatte fare per l'occasione che li incoronavano cavalieri dello stato di Pang.
Kaori si strinse forte a Françoise anche Kim la ringraziò. Fu lei poi a stringere la mano a un intimidito Takeshi. "Non ce l'ho con te, non temere, ma d'ora in poi stai più attento" gli disse e lui annuì sorridendo. Yohami li salutò dal balcone. Ormai era giunta l'ora di partire. Un'oretta dopo erano arrivati al porto di Kaji, Albert e Jet presero la loro macchina, Françoise andò con Joe nella sua. Un'altra ora e mezza e arrivarono alla base dove tutti li aspettavano.
"Eccoli, eccoli..." urlò chang vedendo le macchine dalla finestra.
Si precipitarono tutti nel cortile.
Ci fu proprio una grande accoglienza, soprattutto perché le loro gesta erano state raccontate da Ivan che li aveva sempre tenuti sotto controllo durante la missione.
"Françoise come sta la tua gamba?" chiese Gilmour.
"Sta bene Dottore!" sorrise "Guardi questo pacco è per lei da parte di Karl".
"Ohh... fantastico... devono essere le sue ultime pubblicazioni.. ahh.. si, sono proprio i suoi libri, grazie!" disse scartando.
"Beh... andate a riposarvi un po' prima di cena!" disse Bretagna. Albert e Jet non se lo fecero dire due volte, mentre Joe prese la mano di Françoise e le sussurrò "Seguimi un attimo!" lei obbedì.
Camminarono lungo il vialetto che portava alla spiaggia. Quando furono quasi sulla battigia Joe la abbracciò da dietro, entrambi guardavano il tramonto. Le diede un bacio sul collo, lei sporse un po' la testa di lato, lui sorrise poi disse: "Vuoi sposarmi?"
"Joe..."
"Lo so che non potrà essere un matrimonio reale, lo celebrerà Gilmour, ci saranno solo i nostri amici, ma... per noi sarà effettivo lo stesso!"
Françoise si girò completamente con i suoi occhi lucidi, belli e grandi. Pochi attimi di silenzio e poi lei rispose "Lo voglio!".
Il tramonto sfumava all'orizzonte, rimasero qualche minuto abbracciati a guardarlo, poi si avviarono alla villa mano nella mano, intraprendendo un cammino difficile, ma l'unico per loro possibile, l'unico per un amore così forte come il loro.
F I N E
Cyborg 009 Fanfiction di www.cyborg009.it è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported
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